Uno dei compiti più difficili e allo stesso tempo più importanti che un genitore dovrebbe assumersi è quello di insegnare a pensare con la propria testa. Non sempre è una priorità assoluta, anche a causa della spinta all’omologazione che la società impone. Tuttavia il pensiero critico sta diventando una capacità fondamentale, anche come arma per contrastare un mondo di sensazionalismi e fake news e una comunicazione sempre più superficiale e degradante. Fortunatamente, la capacità di pensare con la propria testa può essere insegnata (e non è mai troppo tardi per esercitarla nemmeno per gli adulti, ma questa è un’altra storia).

Insegnare a chiedersi il perché delle cose, facendolo noi per primi, insegna a non dare nulla per scontato, a tentare di approfondire per cercare una spiegazione plausibile. E’ evidente che la capacità di un bambino di elaborare spiegazioni, seguendo ragionamenti complessi e vagliando possibili scenari, aumenta con l’età. Per questo bisogna scegliere di mettere in discussione certe cose in base all’età e allo sviluppo del bambino. Chiaramente questo dipende dalla domanda che viene fatta, ma in moltissimi casi ci si trova anche di fronte alla situazione in cui non esiste una risposta univoca. Non si tratta solo di massimi sistemi, ma anche di questioni molto terra terra.

Parliamo molto delle emozioni, poco di come queste possano influenzare la nostra percezione dei fatti. Ed è male: in un mondo che vive di ondate emotive, insegnare che il modo in cui percepiamo le cose può dipendere dal nostro stato d’animo, o da una esperienza precedente è un dovere morale. Lo vediamo anche sui social: basta un titolo ben sintonizzato sulle emozioni dei lettori a scatenare un putiferio di like.

Il problema del senso critico aiuta anche a rapportarsi correttamente con l’autorità, con chi dovrebbe essere nostra guida. Capita di chiedere ai bambini di fare qualcosa e di vedersi inesorabilmente inascoltati. Inevitabilmente, occorre mostrare la propria autorità, intesa come autorevolezza della disciplina (la parola disciplina deriva dal latino discere, cioè imparare).

In questi casi serve spiegare che ci sono situazioni in cui è importante muoversi in un dato modo, anche sulla base della vostra esperienza pregressa. E’ preferibile parlare dell’effetto che un comportamento o un’azione ha sugli altri. Si saluta non perché è buona educazione (cosa significa buona educazione?), non perché si fa così e basta, ma perché potenzialmente la persona che abbiamo di fronte sarà contenta del nostro saluto, o del nostro ringraziamento. Si fa per rispetto, non “perché si fa così e basta”. Lavorare sul perchè delle cose è complesso, ma in assoluto molto più efficace di tanti metodi che spesso risultano essere soltanto palliativi.

 

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